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Altro che doping, questa cosa fa ancora più male | Ci cascano tutti i calciatori: spiegate decine di morti

Nuovo caso di doping - Youtube - Ilromanista.it
Nuovo caso di doping – Youtube – Ilromanista.it

La notizia fa paura e non lascia scampo a migliaia di tesserati in tutto il mondo. Il calcio deve trovare una soluzione.

A volte non ci pensano i calciatori e in generale gli sportivi. Una volta l’ex pilota di Moto GP Valentino Rossi confessò di provare paura nel vedere quelle moto sfrecciare a più di 300 km/h. In quell’occasione abbiamo conosciuto uno dei suoi lati più umani.

Eppure il pesarese era uno di quelli. Animati e trascinati verso il limite da una passione. Qualcosa che non si può spiegare a chi non è all’interno del paddock o del campo di calcio. E allora anche i giocatori potrebbero raccontare lo stesso.

Gli ultimi avvenimenti hanno riacceso un campanello d’allarme quando si parla di sicurezza o in generale di episodi al di fuori del regolamento. Gli ultimi casi di doping non hanno fatto altro che alzare il livello dell’attenzione rispetto ai consueti controlli.

Il mondo del calcio deve dunque fermarsi e riflettere su quanto accaduto finora per apprendere la migliore lezione possibile ed evitare nuovi casi in futuro. Qui c’è in ballo la salute degli esseri umani.

Si rischiano altre morti

La ricerca scientifica compie ogni giorno passi da gigante e proprio grazie alle ultime indicazioni mediche si può immaginare un calcio migliore. Secondo quanto riportato dal Fatto Quotidiano, che dà spazio a un’importante ricerca scientifica, il pallone può fare del male praticamente a ogni contatto.

Il professor Willie Stewart dell’Università di Glasgow ha scoperto qualcosa di davvero rivoluzionario. I colpi di testa aumentano nei calciatori di tre volte e mezzo la probabilità di morire di malattie neurodegenerative rispetto alla popolazione normale.

Bobby Charlton - Facebook - Ilromanista.it
Bobby Charlton – Facebook – Ilromanista.it

In arrivo la svolta

Come possiamo interpretare a questo punto le morti avvenute in passato e ridurre il rischio di casi del genere anche in futuro? “Il caso più eclatante riguarda la nazionale inglese campione del mondo nel 1966, con ben cinque vittime: Bobby e Jack Charlton, Martin Peters, Ray Wilson e Nobby Stiles”.

“In passato, si sospettava che questi decessi nel calcio fossero correlati anche ad alcol, fumo, diabete o pressione sanguigna – la tesi del professor Stewart -. I dati della nostra ricerca ci dicono invece che questi fattori non impattano. Il vero problema di demenza è legato ai traumi cranici e agli impatti della testa: non solo nel calcio, ma anche nel rugby e nella boxe. L’encefalopatia traumatica cronica è una malattia degenerativa progressiva che si riscontra solo nelle persone con una storia di traumi cerebrali ripetuti”.